(CAVALIERI MARVEL)

 

N° 111

 

 

ANATOMIA DI UN OMICIDIO

 

 

PROLOGO

 

 

Il Penitenziario Federale di Supermassima Sicurezza di Florence si trova nella Contea di Fremont in Colorado. È noto anche come: ADX, Florence, Florence ADMAX o semplicemente Supermax, dal livello di sicurezza assegnatogli ed è la prigione più sicura di tutti gli Stati Uniti per detenuti non superumani.

Qui ogni detenuto è in assoluto isolamento, ha una cella singola da cui esce solo per un’ora al giorno senza mai incontrare gli altri “ospiti”, i contatti con l’esterno sono praticamente inesistenti, con l’eccezione degli avvocati e naturalmente degli investigatori e assimilati. Tuttavia, tenendo una buona condotta non è impossibile ottenere con il tempo qualche privilegio aggiuntivo a discrezione della direzione.

È il caso di Masashiro Akashi, un tempo potente oyabun[1] della Yakuza[2] che per motivi mai chiariti si è consegnato spontaneamente alle autorità confessandosi autore di numerosi omicidi e consentendo lo smantellamento della sua organizzazione.

Il suo atteggiamento collaborativo gli avrebbe consentito di scontare la pena in un carcere meno duro ma è stato lui stesso a non volere trattamenti speciali ed ancora una volta si è rifiutato di spiegare il perché. Il Direttore della struttura, tuttavia, gli ha concesso dei privilegi aggiuntivi, come la possibilità di ricevere visite. Non ne ha mai richiesta una… fino a due giorni fa.

Quella che entra nella saletta riservata alle visite è una giovane donna chiaramente euroasiatica dai lunghi capelli neri che le scendono lungo la schiena.  Indossa un tailleur verde a scacchi con la gonna lunga fin quasi alle caviglie ma con ampi spacchi laterali. Al collo porta un crocefisso.

-E così sei venuta, Ishikawa-san.- la saluta Akashi..

-Confesso che ero tentata di rispondere no alla tua richiesta…- replica la ragazza sedendosi davanti a lui -… ma alla fine la curiosità ha prevalso… la curiosità di sapere cosa volessi da me dopo tanto tempo.-

-Ho saputo della morte del Tenente Peter Denyse. È stato un vero peccato. Chiunque sia stato merita una severa punizione.-

-E mi hai fatto venire qui solo per dirmi questo?-

-Non solo per questo ma per avvertirti: l’ombra cupa della vendetta e del sangue si sta allungando su di te e su chi ami. -

-Io ho ripudiato la violenza.-

-Ma essa non ha ripudiato te. Il tuo destino è scritto nel sangue, Ana Ishikawa.-

-il destino non è scritto. Ognuno si fa il suo.-

-Così insegna la tua religione, ma, se non ricordo male, anche il figlio del tuo Dio aveva un destino da compiere.-

-Non è la stessa cosa.-

-Può darsi, ma non è per discutere di questo che ti ho chiesto di venire qui affrontando un lungo viaggio da New York sino in Colorado. Io ho lasciato un vuoto ed ora qualcuno sta cercando di colmarlo.-

-Ti riferisci a Matsu’o Tsurayaba? So che ha provato a riportare la Yakuza a New York ma ha incontrato parecchi ostacoli.-[3]

-Non solo lui. Altre forze stanno scendendo in campo e ciò porterà ad un solo risultato.-

            Akashi si fa dare una matita ed un foglio su cui traccia un kana, simbolo degli alfabeti in uso in Giappone e lo porge ad Ana Ishikawa che sbarra gli occhi.

            È il kana che significa Morte. In Giapponese: Shi.

 

 

1.

 

 

            La sera è calata da tempo su El Paso, Texas, e le strade si stanno svuotando, il che rende più difficile il compito di Jill Harper: pedinare senza farsi notare una coppia formata da una donna bionda sui 35 anni ed una ragazza bruna sui vent’anni.

            Il loro taxi si ferma davanti ad un edificio di tre piani alla periferia della città. Jill ordina all’autista di proseguire ancora un po’ e fermarsi al prossimo angolo. Paga l’autista e torna indietro a piedi badando di non farsi notare.

Quando raggiunge un punto da cui osservare la casa senza essere vista, le due donne sono ancora davanti al portone e si stanno baciando poi, abbracciate, entrano nell’edificio.

Jill è perplessa. La bionda che qui si fa chiamare Karen Westland è in realtà un’ex agente operativa della C.I.A. ed un’assassina amorale e spietata conosciuta come Kestrel e Jill dubita che si sia presa il disturbo di agganciare e sedurre la figlia del direttore delle operazioni della Roxxon Energy nella zona del Golfo del Messico solo per andare a letto con una studentessa.

Tutto è ovviamente parte di un piano che deve culminare in un omicidio ma di chi? Il miliardario texano John Marshall “Texas Jack” Muldoon o David Walsh della Roxxon, che a quanto pare, fa gola a molti?

Al secondo piano una luce si accende per qualche minuto poi si spegne. Sembra proprio che Kestrel e Zoe Walsh saranno impegnate a lungo e per Jill si preannuncia una noiosa notte di appostamento e sorveglianza.

 

Quasi nello stesso momento la limousine di David Walsh sta varcando i cancelli della villa con giardino dove il dirigente della Roxxon Energy risiede.

            Alla guida della sua auto parcheggiata fuori vista, il massiccio e calvo afroamericano Chris Elder, ex agente dello S.H.I.E.L.D., pensa che, anche se ridimensionata rispetto al passato, la Roxxon tratta ancora bene i suoi dirigenti.

Dalla sua postazione e grazie ad un binocolo molto potente Elder può vedere Walsh congedare l’autista che va a parcheggiare l’auto per poi dirigersi nell’ala della villa destinata agli alloggi di quella che in tempi meno politicamente corretti si sarebbe chiamata servitù.

Entrando in casa Walsh fa una rapida telefonata e quando l’ascolta grazie ad un sofisticato impianto di intercettazione, Elder non può fare a meno di sogghignare.

Circa mezz’ora dopo ecco arrivare un taxi da cui scende uno stacco di bionda dalle gambe lunghissime che finiscono in scarpe di marca con tacco 12 e che indossa un attillato e corto tubino nero. Esattamente la ragazza che Walsh ha “ordinato” all’agenzia di escort di cui si serve abitualmente. Ognuno ha i suoi vizi e Walsh può spendere i suoi soldi come vuole dopotutto.

Molto improbabile che la ragazza sia in realtà una killer incaricata di uccidere l’uomo, ma è meglio non trascurare questa possibilità.

Elder passa la foto che ha appena scattato ad un sofisticato software di riconoscimento facciale che in poco tempo conferma l’identità della ragazza.

Elder sospira. Walsh avrebbe passato una nottata piacevole mentre a lui sarebbe toccato dormire da solo sul sedile della sua auto. La vita è davvero ingiusta.

 

            Daken e la sua inaspettata alleata Dakini avanzano circospetti lungo il viale d’accesso della villa sulla Baia di Vancouver in Canada dove risiede Fuyumi Fujikawa, amante e luogotenente dell’oyabun della Yakuza Matsu’o Tsurayaba.

-Non mi piace.- dice il figlio di Wolverine -Troppo silenzio.-

-Che ti dicono i tuoi sensi super sviluppati?- gli chiede Dakini.

-Che abbiamo una mezza dozzina di sgherri della Yakuza ben armati nascosti tra i cespugli sulla destra ed un ‘altra mezza dozzina tra quelli sulla sinistra. Spero che tu sappia usare quel fucile meglio di quanto hai fatto con me perché dovrai farlo presto.-

-Mettimi alla prova e vedrai.-

 -Adesso! Giù!-

            Dakini si butta prontamente a terra mentre dai due lati del viale partono raffiche di proiettili che prendono in pieno Daken.

 

 

2.

 

 

            Il Desert Sands è uno dei più lussuosi ed esclusivi hotel di Las Vegas. I primi nove piani sono quelli dell’hotel vero e proprio, il costo di una delle sue suite per una notte supera la paga minima annuale di un operaio.

Al decimo piano ci sono gli uffici operativi dell’Howard Conglomerate, una delle holding più grandi e potenti del mondo.

 Gli ultimi due piani sono l’abitazione privata di Harold Howard, maggiore azionista e C.E.O. [4] di quella holding, che da lì controlla e dirige il suo variegato impero finanziario, industriale e commerciale.

 Abitazione che, tra le altre cose, dispone di svariate camere da letto con bagno e vasca idromassaggio personale, una pista di atterraggio per elicotteri, una piscina olimpionica ed altre amenità.

            Harold Howard ha dato una definizione del tutto personale al termine recluso. Da molti anni, a quanto se ne sa, non esce dal suo appartamento e solo una manciata di persone, tra cui suo figlio John che vive con lui, il suo medico personale e la sua fedele assistente Miss Wright, è ammessa regolarmente alla sua presenza. Di lui non esistono foto o altre immagini.

            La porta dell’ascensore che va direttamente all’attico si apre e ne escono una donna elegante dai capelli ramati, un uomo dai capelli castani che indossa un completo scuro con camicia bianca con un fisico da body builder ed una ragazza dai capelli rossi, alta circa due metri, con un fisico tonico e muscoloso, che indossa un tailleur nero con una minigonna vertiginosa, una camicetta bianca, un cravattino nero e scarpe con tacco 12,

Ad attenderli una giovane donna bionda con gli occhiali..

-Mrs. Berengetti è un piacere averla qui. Sono Miss Wright, l’assistente personale di Mr. Howard.- si presenta.

Un rapido scambio di saluti, poi Miss Wright aggiunge:

-Mr. Howard vi stava aspettando. Mrs. Berengetti può seguirmi nel suo ufficio. Durante il vostro colloquio Mr. McIntyre e Miss Wentworth possono approfittare del bar e, se lo desiderano, della piscina. Negli armadietti ci sono sicuramente dei costumi della loro taglia.-

-Non mi piace, baby.- protesta l’uomo di nome McIntyre.

-Tranquillo, Sean.- replica Suzy Berengetti, proprietaria del Coliseum Casinò -Non credo che correrò pericoli da sola in una stanza con Mr. Howard, dico bene, Miss Wright?-

-Ovviamente, per Mr. Howard l’ospitalità è sacra. Mi segua, la prego.-

            Suzy Berengetti segue Miss Wright, di cui si rende conto improvvisamente di non sapere il nome completo, fino all’ufficio di Harold Howard e si ferma sulla soglia.

-La prego, entri.- le dice la donna.

Suzy entra e si trova in una grande stanza con una ampia finestra panoramica alla sua sinistra.

-Benvenuta, Mrs. Berengetti.- la saluta un uomo in piedi accanto ad una scrivania -Sono lieto di incontrarla finalmente.-

            Un sapiente gioco di luci fa sì che il suo volto sia costantemente in ombra. Un’altra delle strane manie di Howard.

-Anche io ne sono lieta.- risponde cortesemente Suzy -Ho sentito molto parlare di lei.-

-Non tutte cose buone, immagino. È inevitabile. Desidera qualcosa da bere? Diciamo un Kentucky Bourbon invecchiato cinque anni, liscio?-

-Vedo che conosce i miei gusti.-

-Mi piace essere informato su tutti i potenziali alleati… e nemici.-

-Ed io cosa sono?-

-Un’alleata, spero… e forse anche una buona amica, chissà?-

            La domanda rimane sospesa nell’aria.

 

            Jill Harper sospira. La sua è una scomoda posizione in più di un senso. Mentre Kestrel si diverte con la giovane Walsh, lei non può far altro che aspettare. La sua unica consolazione è che i suoi amici non se la passano certo meglio.

            Nell’attesa Jill ha fatto un controllo via internet sulla casa dove si trovano le due donne. Risulta intestata ad una società immobiliare che attraverso molti giri è sicuramente riconducibile alla North Organization. Possibile che sia il loro quartier generale a El Paso? Jill non ne è troppo convinta. Forse è il caso di fare una ricerca per vedere se la stessa società possiede altri immobili in zona.

            Improvvisamente Jill sente qualcosa di appuntito contro la spina dorsale ed una voce di donna le sussurra in tono cattivo:

-Non mi piace essere spiata.-

            Kestrel l’ha scoperta e poco importa come ha fatto.

-Io non…- prova a dire la ragazza.

-Non mentire. Mi ero accorta di te fin dal ristorante. Non sono una novellina in questo gioco. Tu sì, invece, e non avrai il tempo di diventare una professionista.-

            Kestrel affonda la lama del suo stiletto nella schiena di Jill che non ha nemmeno il tempo di urlare prima di cadere a terra.

            Kestrel dedica un breve sguardo alla ragazza a terra, da cui proviene un flebile lamento. Si china su di lei e con un rapido gesto le taglia la carotide.

-Un maglione e dei bei pantaloni rovinati.- borbotta guardando gli schizzi di sangue sui suoi abiti.

            Da un vicolo vicino esce un uomo dai capelli scuri vestito con un completo nero che dice:

-Non avresti dovuto ucciderla, avrebbe potuto dirci cose interessanti.-

-Non c’era tempo di interrogarla, lo sai anche tu, Max. e poi ne sappiamo già quanto basta: qualcuno ha scoperto i nostri piani ed ha mandato Phil Dexter, questa qui, e dobbiamo presumere anche qualcun altro, per fermarci. Questo significa che è meglio accelerare i tempi. Tu, intanto occupati di lei: falla sparire e cancella ogni traccia della sua presenza. Controlla i suoi abiti, la sua borsetta. Non devo essere io a dirti cosa fare.-

-E tu?-

-Chiamo Ferris e poi me ne torno a letto a finire quello che avevo cominciato. Odio quando cercano di rovinarmi la vita sessuale.-

            Max Hunter scrolla la testa, la sua caposquadra è decisamente psicopatica ma almeno sa quel che fa. Non appena è andata via, lui comincia il suo lavoro. Pochi minuti dopo il cadavere di Jill Harper; completamente denudato ed avvolto in un lenzuolo, è nel bagagliaio dell’auto di Hunter, i suoi abiti ed effetti personali sono in una borsa. Le macchie di sangue sono sparite grazie ad un prodotto speciale. Non reggerebbe al luminol ma ad un esame superficiale sì e per il momento è sufficiente.

            Hunter guida fino al Ponte delle Americhe. Si ferma prima di raggiungere il posto di confine americano e scarica il cadavere nel Rio Grande. Non la troveranno tanto presto, pensa, e per allora sarà tutto finito.

 

            Quando aveva detto che intendeva fare una passeggiata digestiva fino a suo l’hotel, Texas Jack Muldoon non stava esagerando, pensa l’afroamericano Rufus Carter, sembra che voglia farsi a piedi tutta El Paso prima di andare a dormire.

Carter è decisamente in ottima forma fisica dopotutto è pur sempre un campione di kickboxing ed anche se non è più tanto giovane ed è privo dell’occhio sinistro può ancora stendere uno più grosso di lui senza faticare troppo, lo ha dimostrato di recente,[5] ma pare che il texano abbia più energia di lui anche se è più anziano.

Improvvisamente Muldoon svolta un angolo e Rufus affretta il passo per raggiungerlo. Ha appena svoltato l’angolo che si trova di fronte al naso la canna di una Colt 45,

-Mi stavi seguendo, amigo, e la cosa non mi piace per niente.- gli dice Texas Jack con voce dura.

            Che stupido, mi sono fatto scoprire come un dilettante, pensa Carter, si vede che sto invecchiando. Non ha alcun dubbio che Muldoon sappia usare quel piccolo cannone e che sia meglio non irritarlo.

            Carter alza le mani in segno di resa e dice:

-Sono un amico, Mr. Muldoon, non ho intenzioni ostili.-

-Davvero? E allora perché mi stava pedinando?-

            Bella domanda. In quella situazione e con quell’uomo non ci può essere che una sola risposta possibile:

-Sono stato incaricato di proteggerla… di impedire che la uccidano.- risponde Carter con disarmante sincerità.

-E chi dovrebbe volermi morto e perché?-

-Abbiamo individuato i killer ma non abbiamo ancora idea di chi sia il committente. Quanto al motivo, pensiamo che abbia a che fare con la sua offerta di acquisto della Roxxon.-

-Usa il plurale, quindi non è solo. Quanti siete e per chi lavorate? Ho la sensazione che lei non sia un Federale e dal suo accento escluderei che lei sia un Texas Ranger.-

            Rufus sospira e chiede:

-Possiamo andare a parlarne in qualche posto tranquillo ed al riparo da orecchie indiscrete?-

            Texas Jack riflette qualche istante, poi abbassa finalmente la pistola e risponde:

-Mi segua.-

 

 

3.

 

 

            Daken barcolla sotto l’impatto dei colpi ricevuti. Sembra che stia per cadere ma alla fine resiste. Sulle sue labbra si disegna un sorriso crudele mentre sfodera gli artigli e con un grido si lancia all’attacco.

Un velo rosso cala sui suoi occhi ed è a malapena consapevole del rumore delle raffiche sparate da Dakini e delle urla degli uomini che sta letteralmente squartando.

Una mano si posa sulla sua spalla e lui si volta di scatto bloccando i suoi artigli ad un millimetro dalla gola di Dakini.

-Calmo, è finita.- gli dice lei -Non c’è più nessuno.-

-Sbagli.- replica Daken riprendendo il controllo -Mancano i più pericolosi ma a loro penserò io. Tu faresti meglio ad andartene. Quelli del Dipartimento H saranno qui presto e tu sei una killer ricercata.-

-Pensi di potertela cavare?-

-Io me la cavo sempre. Ora vai!-

            Dakini lo bacia d’impulso e gli sussurra:

-Buona fortuna.-

            Daken sorride, poi le volta le spalle ed entra nella villa. Nell’atrio in penombra scintilla la lama di una spada e dall’ombra esce una figura femminile completamente inguainata in una tuta aderente verde che le lascia scoperti solo gli occhi.

-Lady Gorgon!- esclama lui -Sapevo che ci saremmo rivisti un’ultima volta.-

Come unica risposta la donna vibra un fendente che manca Daken di poco e solo perché lui è lesto a saltare indietro.

-Sei rimasta sola?- le dice ancora -I tuoi compagni si stanno leccando le ferite da qualche altra parte?-

            Ancora nessuna risposta se non il sibilo della lama che fende l’aria e strappa un lembo del costume di Daken.

-Vicino ma non abbastanza.- replica lui.

            Le si lancia addosso sfoderando gli artigli. Evita un altro fendente e scatta. Gli artigli di destra affondano nell’addome della donna e subito dopo quelli di sinistra le squarciano la gola. Il solo suono che emette Lady Gorgon è una specie di gorgoglio poi cade a terra mentre il suo sangue bagna il pavimento.

            Daken passa oltre e comincia a salire le scale.

-Fuyumi, sono a casa!- esclama parafrasando la battuta di un vecchio film che gli è capitato di vedere anni prima.

 

            Rufus Carter deve ammettere che Texas Jack Muldoon sa come vivere: la sua suite è lussuosa ma non eccessiva, adatta ad un uomo che non disprezza la ricchezza ma nemmeno la ostenta. Certo, l’arredamento in stile western può sembrare pacchiano a uno di fuori ma questo è il Texas dopotutto.

-E così lei si chiama Carter ed è un ex agente segreto.- commenta Texas Jack versandosi un whisky -Conosco una deliziosa signorina con lo stesso cognome che lavorava nello stesso campo ma dubito che siate parenti. Lei è… bionda.-

            Rufus sorride e replica:

-So di chi parla. Non ci siamo mai incontrati ma lei è piuttosto famosa nel nostro ambiente.-

-Posso immaginarlo.- Texas Jack porge a Rufus un bicchiere di whisky e continua -Mi diceva che vorrebbero uccidermi?-

-O lei o David Walsh o entrambi, non ne siamo ancora sicuri. Quel che è certo è che in città ci sono agenti della North Organization, tra cui un ex cecchino dell’Esercito proprio per questo.-

-La North Organization.- borbotta Muldoon -La conosco: in qualche occasione io ed altri miei conoscenti abbiamo usufruito del suo servizio di protezione ed ora mi vuole morto, perché?-

-È stata pagata per impedirle di concludere l’accordo per l’acquisto della maggioranza della Roxxon.-

-Pagata da chi? E chi paga voi?-

-Sulla seconda domanda, mi consenta di mantenere il riserbo almeno per il momento. Quanto alla prima… onestamente, non abbiamo idea di chi sia il committente, ma direi che è molto probabile che si tratti di qualcuno che ha il suo stesso obiettivo.-

-Ovvero tanta gente. Arthur Dearborn ha fatto un ottimo lavoro nel ricostruire la Roxxon dopo gli scandali che l’avevano quasi portata al fallimento ed ora è un boccone prelibato che in molti vorrebbero addentare: la Hammer, la Alchemax, la Oscorp, la Kronas, la Oracle e potrei continuare.-

-E quasi tutte queste società hanno ai vertici persone che non esiterebbero ad usare metodi sporchi per eliminare la concorrenza.-

-Già. Mi sentirei di escludere solo la Oracle. I loro dirigenti sono gente in gamba ed onesta… a parte, forse, Phoebe Marrs, ripensandoci.-

            Un bel po’ di gente, in effetti, pensa Rufus, ma chi è il vero colpevole? Avere troppi indiziati è come non averne nessuno.

            Improvvisamente un luccichio dal palazzo di fronte attira la sua attenzione.

-Giù!- urla a Muldoon gettandoglisi addosso e spingendolo a terra.

            Un secondo dopo un proiettile attraversa la stanza all’altezza di dov’era la testa di Texas Jack un secondo prima.

 

            Suzy Berengetti termina il suo drink, restituisce il bicchiere vuoto alla solerte Miss Wright e replica:

-Vorrei capire perché mi ha chiesto di venire qui, Mr. Howard.-

            Harold Howard guarda il panorama dalla sua finestra e poi dice:

-Sono l’uomo più ricco del Mondo, ho interessi in ogni campo dell’economia, le mie scelte influenzano i destini di intere nazioni, ma a guardare il quadro generale si possono perdere i particolari. Questa è la mia… la nostra città. Non merita di essere governata da chi vuole solo il suo bene?-

-Ovviamente sì. Vuole essere lei a decidere chi sarà?-

-Non io, lei.-

-Io?-

-In questo momento lei è la donna più potente di Las Vegas e dintorni: ha acquisito il controllo dei locali posseduti dalle società del defunto Damian King rilevandoli dopo che la seducente Mrs. King è stata a sua volta uccisa da ignoti ed è anche subentrata al defunto Sebastian Reed come Signora del Crimine di Las Vegas.-[6]

-Io…-

-Non si giustifichi: ha fatto quello che andava fatto. Il mondo starà meglio senza Sebastian Reed e con lei al suo posto, ma questo le ha inevitabilmente procurato dei nemici, per esempio il Sindacato di Chicago.[7] Non si rassegneranno facilmente ad essere completamente estromessi da questa zona e lei lo sa. Non le farebbe comodo che sulle poltrone del Sindaco, del City Manager e dello Sceriffo sedessero persone che sarebbero dalla sua parte?-

-Mi sta chiedendo di decidere chi saranno? Non crede che sia una scelta che spetti esclusivamente agli elettori?-

-Gli elettori hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a capire qual è il loro bene, lasciati soli cadrebbero facilmente preda di qualche demagogo senza scrupoli.-

-E noi saremmo meglio?-

-Noi abbiamo il potere… lei ha il potere ed è suo dovere usarlo responsabilmente. Non si sottragga a questo dovere.-

            Suzy Berengetti rimane silenziosa per un lungo momento poi replica:

-Non posso dire che la cosa mi piaccia… ma ci penserò.-

-Non le chiedo altro.- ribatte Howard.

            La conversazione prosegue ancora per un po’ poi Suzy viene accompagnata all’ascensore. Howard rimane solo e si sofferma a guardare il panorama dalla finestra. Pochi minuti dopo Miss Wright rientra e gli chiede:

-Crede che lo farà?-

-Non subito forse, ma alla fine sì. Si convincerà che sia giusto, che il potere va esercitato. È una che impara in fretta, farà un buon lavoro e a proposito… mi aggiorni su Rex Carpenter.-

 

 

4.

 

 

            Rufus Carter non perde tempo e scatta verso la porta della suite.

-Rimanga qui!- urla a Texas Jack Muldoon mentre oltrepassa la soglia già con la pistola in pugno.

            L’anziano petroliere rimane per un paio di secondi fermo con le labbra serrate poi afferra il suo Stetson, si assicura che le Colt siano nelle fondine e segue Carter.

            L’afroamericano esce all’aperto e riflette. Il killer ha sparato dal tetto del palazzo di fronte ma a quest’ora sarà già sceso. Cosa avrebbe fatto lui al suo posto? Con decisione imbocca il vicolo di fronte e mentre lo fa sente il rombo di un motore, quello di un Harley Davidson per la precisione. Non può sbagliarsi.

            Arriva in fondo al vicolo in tempo per sentire la moto sgommare ed allontanarsi. Punta la sua Glock e spara due colpi ma il veicolo è già troppo lontano ed i colpi si perdono senza far danni.

-Bel tentativo comunque.- commenta Texas Jack.

-Che ci fa qui?- esclama Carter -Le avevo detto di …-

-Non sono il tipo che se ne sta in disparte mentre gli altri rischiano la vita per lui.- ribatte il texano.

            Rufus non insiste, sa che sarebbe del tutto inutile e gli si rivolge in tono secco:

-Andiamo.-

-E dove?-

-A riunirci ai miei soci. D’ora in avanti le staremo appiccicati come la carta moschicida alle mosche.-

-Non so se mi piace questa metafora.-

-Non mi è venuto di meglio.-

            Carter chiama i suoi due amici:

-Tutto a posto, Elder?-

<<A parte che mi si stanno anchilosando le gambe a stare seduto in auto, direi di sì. Invidio Walsh che se la sta spassando con una bionda da infarto.>>

-Buon per lui. Io sono all’hotel di Muldoon. Hanno appena cercato di ucciderlo.-

<<Cavoli, come?>>

-Cecchino. Ora se l’è filata. Noi veniamo a raggiungerti. Tu tieni gli occhi aperti, non si mai che ci provino anche lì.. Hai sentito Harper?-

<<Non da quando ci siamo separati. Immagino che sia ancora alle costole di Kestrel.>>

-Provo a chiamarla… maledizione!-

<<Cosa c’è?>>

-La sua linea è muta.-

 

            È il supergruppo ufficiale del Canada e da quando esiste è stato segnato da trionfi e tormenti, vittorie e tragedie, morti e resurrezioni, queste ultime sia metaforiche che reali. In sintesi: è Alpha Flight.

            Guardian, con la sua tuta ispirata alla bandiera canadese, atterra davanti a tutti. Alle sue spalle: Sciamano, Puck, Sasquatch e Diamond Lil, in fondo alla fila la rossa Heather McNeil, funzionaria del Dipartimento H, e la bruna Vivienne Michel agente del CSIS,[8] Sopra le loro teste volteggia un gufo artico bianco che altri non è che Snowbird semidea del gelido Nord.

-Sembra che ci sia stato un massacro qui.- commenta Puck -Il nostro amico Daken si è dato da fare nello stile di suo padre, direi.-

-Lui non è come suo padre.- sentenzia, lapidaria, Heather ed Eugene Judd preferisce non aggiungere altro.

            Una scia azzurrina si ferma davanti a Guardian rivelandosi come il supervelocista Northstar.

-Questo posto è deserto.- dice -A parte i cadaveri… e lui.-

            Sulla soglia della villa è comparso Daken che cammina tranquillo verso di loro rinfoderando gli artigli.

-Ma che bella compagnia!- esclama -Stavolta ti sei portata dietro degli altri amichetti, McNeil. Peccato che non sia venuta anche tu in quel bel costumino. Ti donava parecchio.-

-Attento a come parli, amico.- interviene Guardian -Non mi piace il tuo modo di rivolgerti ad una signora.-

-Sembra che tu abbia un difensore, Heather. Un buon amico che magari vorrebbe essere qualcosa di più?-

-Maledetto…-

            Guardian alza il pugno per colpire Daken ma Heather lo blocca.

-Non cedere alle sue provocazioni, non ne vale la pena.- gli dice, poi si rivolge a Daken -Hai combinato tu tutto questo casino?-

-Con un discreto aiuto da parte di Dakini, lo ammetto.- risponde lui.

-E dov’è lei adesso?-

-E chi lo sa? È una killer ricercata in mezzo mondo. Di certo non ci teneva ad aspettarvi sapendo che sarebbe finita in galera.-

-E Fuyumi Fujikawa?- chiede Vivienne Michelle.

-Non darà più fastidio a nessuno..-

-L’hai uccisa?-

            Daken sogghigna e replica:

-Diciamo che non è più un problema. Matsu’o avrà un motivo in più per volermi morto, sempre che mio padre non lo sistemi prima.-[9]

-Dov’è adesso?- chiede Puck.

-Fuyumi? I suoi uomini superstiti l’hanno portata via per farle un funerale degno del suo rango immagino. La cosa non mi riguarda più. Ciò che conta è che Kyle Jinadu non corre più pericoli immediati. Forse sarà ancora nella lista nera della Yakuza ma non più in quella della Mano.-

-Ne sembri molto sicuro.- interviene ancora Vivienne.

-Era Fuyumi a volere usare la Mano ma ora lei è morta e sono certo che Matsu’o annullerà l’ordine per concentrare i suoi killer contro mio padre e me. Vi farò da parafulmine.-

-A proposito dei killer della Mano, ci aspettavamo di combatterli, che fine hanno fatto?- chiede Diamond Lil.

-Qui c’era solo Lady Gorgon.- risponde Daken -Abbiamo combattuto ed io ho vinto ma quando sono sceso era scomparsa. Del suo passaggio rimane solo una pozza di sangue sul pavimento.-

            Il gufo artico atterra in mezzo a loro e si trasforma in Snowbird dicendo;

-Dice la verità. Ho seguito tracce di sangue che partono dalla porta ed arrivano sino all’imbarcadero e lì cessano.-

-Lady Gorgon poteva essere ancora viva ed essersi trascinata sin lì per poi cadere in mare.- riflette ad alta voce Heather -Oppure…-

-Oppure qualcuno l’ha portata via.- conclude Puck -Il che vuol dire che prima o poi potrebbe saltar fuori. Sono il solo a cui questa conclusione sembra insoddisfacente?-

            Gli sguardi di quelli intorno a lui sono una risposta eloquente.

 

            La donna che si fa chiamare Kestrel si riveste e guarda la ragazza bruna addormentata sul letto e scuote la testa.             Peccato, piccola Zoe, pensa, avrei preferito non dover arrivare a questo.

            Impugna la sua pistola e la punta alla nuca della ragazza ignara. Per qualche secondo il suo indice gioca con il grilletto senza premerlo poi, di colpo, l’arma si alza e Kestrel, dopo aver guardato ancora la ragazza, fa una chiamata:

-Sono io. Si passa al piano B ed abbiamo un pacco da portare a Sud.-

            Fuori la notte sta lentamente lasciando il posto all’alba

 

 

5.

 

 

            Un’alba livida illumina il Rio Grande quando qualcosa emerge dalle sue acque portato dalla corrente. Verso il Golfo del Messico.

È un agente della Pattuglia di Confine degli Stati Uniti in servizio presso il Ponte delle Americhe, che collega El Paso in Texas a Ciudad Juarez in Chihuahua, il primo a capire cos’è ed avvertire i suoi superiori

            Pochi minuti dopo viene ripescato il cadavere di una giovane donna bionda che presenta ferite di arma da taglio. La donna è senza vestiti e pertanto non è possibile identificarla, viene, quindi, portata all’Ufficio del Medico Legale della Contea di El Paso dove viene registrata come Jane Doe.

            Alle 10 del mattino un afroamericano calvo, massiccio e ben vestito entra nell’ufficio e si rivolge alla reception:

-Ho saputo che è stata ripescata una donna dal fiume. Forse la conosco. Posso vederla?-

            Una volta che è stato registrato, l’uomo viene accompagnato in una sala dove lo accoglie il medico di turno assieme ad un addetto che apre una celletta e fa scorrere un lettino per poi sollevare il lenzuolo.

L’afroamericano osserva la donna che giace al di sotto poi scuote la testa e dice:

-No, mi spiace, non è lei.-

            Viene riaccompagnato indietro. Una volta fuori si dirige verso un’auto parcheggiata poco distante e vi sale. Alla guida c’è un altro afroamericano più magro, dai muscoli tonici, baffi e benda nera sull’occhio sinistro.

-Allora?- chiede quest’ultimo.

-È proprio Jill.- risponde con voce cupa Chris Elder.

-Maledizione!- sbotta Rufus Carter -Prima Dexter ed ora Jill. Questa faccenda ci sta costando sempre più cara, ma Kestrel e Hunter la pagheranno, lo giuro!-

            Ed il suo compagno non potrebbe essere più d’accordo.

 

            A New York sono le 11 del mattino quando una giovane donna dai corti capelli scuri vestita con un giubbotto e pantaloni di pelle nera con stivali e maglietta dello stesso colore entra nel Jacob K. Javits Building.

Dopo le formalità di controllo di rito viene accompagnata alla reception.

-Devo andare negli uffici del F.B.S.A.- spiega.

            Un ’impiegato le porge un passi e dice:

-23° piano a destra. Firmi qui.-

            Una volta espletata anche quest’ultima formalità la giovane donna prende l’ascensore e dopo pochi minuti è a destinazione dove è accolta da una donna dai lunghi capelli neri di evidenti origini latinoamericane.

-Sono l’Agente Speciale Angela Del Toro.- si presenta -Cosa posso fare per lei?-

            La visitatrice estrae un distintivo dorato e risponde:

-Sono la Detective di Terzo Grado Stacy Dolan della Squadra Omicidi di Manhattan… e ho bisogno di aiuto.-

 

            Il motoscafo fende le acque dell’Oceano Pacifico e raggiunge un lussuoso yacht ancorato oltre il limite e delle acque territoriali canadesi.

            Un giovanotto dai tratti somatici euroasiatici ed capelli tagliati alla moicana si alza in piedi e dice con voci stentorea in Giapponese:

-Chiedo il permesso di salire a bordo.-

-Permesso accordato.- gli viene risposto nella stessa lingua.

            Il giovanotto raggiunge lo yacht e viene scortato da due giapponesi a petto nudo tatuati e ben armati sino al ponte superiore dove trova una ragazza, anche lei giapponese, che sta prendendo il sole in topless.

-Benvenuto, Akihiro.- lo saluta e poi gli chiede -Ci hanno creduto?-

            Akihiro fa un sogghigno e risponde:

-So essere molto persuasivo quando voglio, mia cara Fuyumi. Adesso tu sei ufficialmente morta ed il sottoscritto si è preso il merito della tua uccisione.-

-Agire nell’ombra e nell’anonimato mi tornerà molto comodo.- ammette Fuyumi Fujikawa -Per fortuna abbiamo trovato un accordo invece di combatterci. In fondo avevi ragione: uccidere Kyle Jinadu non mi avrebbe portato alcun vantaggio a questo punto, mentre averti dalla mia parte ha molto più valore.-

-Mi piace essere apprezzato-

-Oh lo sei, questo è certo. Matsu’o diceva che tu eri uno dei suoi migliori assassini ed ora ucciderai per me.-

-Questo è l’accordo: tu mi indichi i bersagli ed io provvedo al resto. In cambio della cancellazione del mio nome e di quello di Kyle dalla tua lista nera… e di un equo compenso naturalmente.-

-Di questo parleremo più avanti, forse a cena. Ora non pensiamoci: sei mio gradito ospite oggi, non dimenticarlo. Ora spogliati e sdraiati a prendere il sole accanto a me.-

-Temo di non avere un costume da bagno.-

-Un dettaglio assolutamente insignificante.- replica Fuyumi slacciandosi lo slip.

Akihiro fa uno dei suoi sorrisetti insolenti e comincia a spogliarsi.

 

 

EPILOGO

 

 

            Rachel Thompson, Detective di Secondo Grado in forza alla Divisione Imprese Criminali del Dipartimento di Polizia della Città di New York pulisce accuratamente la sua Glock 19 d’ordinanza e poi passa a fare altrettanto con la Beretta M9 che tiene come arma personale, una pistola “accidentalmente” smarrita dal magazzino reperti.

            Lei è una delle poche persone a sapere che il cosiddetto Killer dello Shi non era Masashiro Akashi, che pure se ne è assunto la colpa, ma una giovane donna in costume, presumibilmente giapponese, che aveva preso a bersaglio i criminali principalmente della Yakuza; un segreto di cui oltre ad Akashi, solo lei, il Tenente Joe La Bianca ed il defunto Detective Peter Denyse erano a conoscenza e che hanno mantenuto per tutti questi anni.

            Quella donna quasi certamente le ha salvato la vita e sicuramente le ha evitato di essere stuprata. Questo rende le cose molto difficile perché Rachel sa che se dovessero incontrarsi di nuovo molto probabilmente dovrà ucciderla.

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DELL’ AUTORE

 

 

            Non perdiamo tempo e passiamo subito alle note:

1)     Il titolo è preso da quello di un romanzo di Robert Traver del 1958 e dal film che ne è stato tratto nel 1958 per la regia di Otto Preminger con James Stewart, Ben Gazzara, George C. Scott e Lee Remick.

2)     La scena tra Suzy Berengetti e Harold Howard è mostrata anche, dal punto di vista di Suzy, su Hulk #50.

3)     Chi ha letto Hulk #50 sa anche che la stangona dai capelli rossi che si fa chiamare Tandy Wentworth altri non è che Thundra, beh, una Thundra sarebbe più corretto. Prima o poi ne saprete di più.

Nel prossimo episodio: da una sponda all’altra del Rio Grande e sulle coste del Golfo del Messico si consuma lo scontro tra Rufus Carter e Kestrel mentre la vita di una giovane donna è in pericolo. Intanto a New York due donne danno la caccia ad un assassino efferato ed apparentemente imprendibile.

 

 

Carlo



[1] Letteralmente padre putativo o padrino.

[2] La mafia giapponese

[3] Come narrato in vari episodi di Devil & la Vedova Nera e di questa serie.

[4] Chief Executive Officer.

[5] Ovvero nello scorso episodio.

[6] Sempre su Marvel Knights #104.

[7] Così è chiamato il ramo della Mafia con sede a Chicago con interessi fino alla Costa Ovest.

[8] Canadian Security Service.

[9] E potrebbe accadere sulla serie MIT di Wolverine prima o poi.